Siamo tutt* uguali, sulla stessa barca! Volere è potere. Discorsi che si limitano ad essere astrazioni che con la realtà, spesso, molto cruda non ci azzeccano nulla.
Un breve esempio: io e te dobbiamo prendere un’opera sull’ultimo scaffale di una biblioteca. Tu sei alto 1.90 cm e io, a malapena, 1.60 cm. Chiediamo aiuto alla bibliotecaria e ci porta due scale identiche, uguali. Tu riesci a prendere quel libro. E io…? No. Eppure ci ha fornito uno strumento uguale. Gli individui, infatti, potranno essere considerati uguali solo quando avranno a disposizione strumenti equi ciò significa che per tirare giù quel libro, esattamente, come te, ho bisogno di una scala più alta. Ma quindi cos’è l’equità? Consultiamo l’enciclopedia Treccani
equità s. f. [dal lat. aequĭtas –atis, der. di aequus «equo»]. – Giustizia che applica la legge non rigidamente, ma temperata da umana e indulgente considerazione dei casi particolari a cui la legge si deve applicare.
Alla luce di ciò è inconcepibile anche solo dire di essere tutt* sulla stessa barca. Immagina essere in una tempesta. Noi abbiamo uno yacht. E la persona accanto a noi? Una piccola barca a remi. Chi ha lo strumento più sicuro per attraversare il mare?
Ma volere è davvero potere? Si, nel mondo incantato delle fate. La verità è che, sfortunatamente, spesso, la volontà non basta. Perché viviamo in un mondo delle disuguaglianze sociali, economiche, di genere. Ma nel concreto cosa vorrà dire? Per esempio, una donna fa, ancora, il doppio della fatica per affermarsi rispetto un uomo. E una donna dalle limitate risorse economiche il triplo rispetto a una donna ricca. In quest’ottica è essenziale avere un approccio intersezionale quando, ad esempio, si parla di femminismo.
Femmismo intersezionale: una lotta equa
Espressione coniata nel 1989 dalla giurista nera Kinberlé Crenshaw nel 1989, il femminismo intersezionale, si basa sull’idea che le donne, e non solo, possano subire discriminazioni multiple.
E’ quindi impossibile e non aderente alla realtà agire solo in un’ottica di discriminazione di genere. Una donna nera, ad esempio, subirà anche discriminazione etnica. E se una donna è lesbica? Subirà non solo discriminazione a causa del suo genere, ma anche a causa del suo orientamento sessuale. Stessa dinamica si avrà con le donne transgender, con le donne diversamente abili o con le donne dalle limitate risorse economiche. Come è logico pensare stesso approccio si può applicare agli uomini che non subiranno discriminazione di genere, ma potrebbero esserne oggetto se si considera il loro orientamento sessuale, la loro etnia o la loro identità di genere.
Come è possibile intuire si tratta di una sovrapposizione di discriminazioni e, per tale motivo, è illogico credere che si possa agire solo su una delle tante per risolvere il problema.
In quest’ottica il femminismo intersezionale è una lotta universale e pienamente equa che mira a scardinare le discriminazioni riconducibili a un unico e solo paradigma: la società patriarcale e capitalista nella quale il privilegio assoluto è rappresentato dall’uomo etero, cisgender. bianco, ricco e abile.
Il femminismo non intersezionale non è femminismo