25 Novembre 2023. Un altro anno ancora.
Un altro anno in cui non vorremmo ci fosse una giornata come monito: “Contro la violenza sulle donne”. E invece c’è, purtroppo c’è. Perché? 106 le donne uccise dall’inizio dell’anno, 85 donne vittime di reato ogni giorno.
C’è perché, ogni giorno, per strada acceleriamo il passo se qualcuno cammina alle nostre spalle.
C’è perché il nostro corpo viene sessualizzato senza il nostro consenso.
C’è perché siamo tr**e.
C’è perché se ci violentano, ci chiedono come eravamo vestite o se eravamo ubriache. C’è perché si decide sulla nostra vita e sulla nostra morte.
C’è perché se non abbiamo mai subito abusi, ci sentiamo fortunate.
Ma non basta una giornata e non bastano queste parole.
Non basteranno fin quando si darà più importanza alla pena che alla prevenzione.
Non basteranno fin quando si parlerà di castrazione chimica e non di educazione affettiva, sentimentale, sessuale.
Non basteranno fin quando si parlerà solo di colpa individuale e non di responsabilità collettiva.
Non basterà, no, fin quando si parlerà di mostri e non di uomini.
Non basterà fin quando si parlerà di tragedie e non di eventi sistematici.
Mi chiedo, più volte, quanto possa essere utile il mio lavoro, esso usa le parole.
Quanto possa essere utile parlare mentre una donna, statisticamente, è probabile venga uccisa o violentata in questo momento? Nulla per salvarle la vita, ma le parole, domani, potranno educare un bambino. E oggi cosa possiamo fare?
Usare le parole giuste. Tessere una narrazione adeguata. Descrivere, parlare, sensibilizzare dando agli eventi, alle cause, alle conseguenze il loro nome.
Sono uomini, non mostri.
Sono eventi sistematici, non tragedie.
È abuso e squilibrio di potere, non motivo passionale.
È premeditazione, non un raptus.
Non è frustrato, stressato, nervoso, è figlio della cultura patriarcale.
Non è un litigio finito male.
No, non l’amava.
