Qualche giorno fa, mentre camminavo per le vie della mia città, ho sentito un papà dire, con tono fiero, a suo figlio:
Non piangere, sei un maschietto
Quelle parole mi hanno colpito come un fulmine, così ho deciso di portare avanti una riflessione con voi.
Fin da subito viene cucito addosso ai bambini e alle bambine un ruolo detto, appunto di genere. Ad oggi, spesso, sottovalutiamo il peso dell’abito che viene fatto indossare agli uomini. Devono essere forti, virili, non devono piangere, devono offrire la cena alla propria ragazza e altri comandamenti simili. Essi sono dettati per creare l’immagine perfetta che nutra il patriarcato e che, al contempo, venga nutrita da esso.
Da dove deriva questo stereotipo?
Helen Fisher, antropologa del Kinsey Institute, dà una spiegazione evoluzionistica:
Quando gli uomini erano cacciatori e guerrieri, la scarsa espressività era funzionale ai loro compiti
Così un’attitudine funzionale si è trasformata in uno schema entro cui educare i propri figli maschi, quest’ultimi reprimendo le proprie emozioni saranno in grado di proteggere e sostenere la propria famiglia.
La mascolinità tossica
Ancor prima di chiarire cosa si intende con l’espressione “mascolinità tossica“, chiariamo cosa significa “mascolinità”.
La mascolinità è un costrutto culturale ossia l’insieme di ruoli, attributi e caratteristiche che la società affibbia all’uomo, quali virilità, indipendenza, comando e coraggio.
L’attributo “tossica” fu coniato da Sheperd Bliss, psicologo che negli anni ’80, pubblicò un articolo sul Journal of School Psychology:
l’insieme dei tratti regressivi, dal punto di vista sociale, usati per favorire il dominio, la svalutazione delle donne, l’omofobia e una violenza priva di ragione,
L’aggettivo “tossica”, quindi, si riferisce alla serie di comportamenti esasperati messi in atto per affermare di essere un uomo con la U maiuscola. Spesso questa attitudine sfocia in aggressività e violenza nei confronti del sesso femminile, esse sono viste come unico modo per affermare il proprio potere.
Gli effetti negativi sulla psiche
Un bambino che cresce incastrato in questi schemi, tenderà a chiudersi emotivamente nei confronti di chi lo circonda. Quest’ultimo non educato ad entrare in contatto con le proprie emozioni, spesso non sarà in grado di riconoscerle e di conseguenza gestirle. Questo meccanismo può essere alla base di stati d’ansia, errata gestione della rabbia e dello stress e depressione.
Qualcosa, forse, sta cambiando
Ad oggi sembra che qualcosa stia cambiando. Jack Myers, autore di The Future of Men sostiene:
Molti Millennial ed esponenti della Generazione Z pensano che sia possibile decidere in totale libertà della propria identità sessuale, qualsiasi essa sia.
A tal proposito, la psicologa Jill Weber ha più volte sostenuto:
Dal punto di vista biologico siamo più simili che differenti. I maschi hanno le nostre stesse emozioni, ma vengono scoraggiati a mostrarle.
Dal punto di vista biologico, infatti, diversi studi hanno dimostrato che prima di essere educati, maschi e femmine, sono emotivi in egual misura, ciò significa che a giocare un ruolo essenziale nella percezione che i maschi(così come le femmine) hanno di sé e delle loro emozioni sono gli ambienti nel quale vengono educati.
Educare è sempre più facile che rieducare.
A.S. Makarenko
Fonti: La finestra sulla Mente. Santagostino Psiche, Cosmopolitan